Nell’appropriata sede di Palazzo Mocenigo – Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, l’esposizione presenta una trentina di opere realizzate tra il 1999 e il 2006 da Gabriella Scarpi, artista del tessile e, tra l’altro, attiva collaboratrice delle attività didattiche dei Musei Civici di Venezia.
Il percorso espositivo – che si snoda negli spazi al primo piano del Museo – presenta tessuti lavorati secondo il consueto stile dell’artista, che abilmente sa unire una sottile sensibilità cromatica, a uno spiccato istinto decorativo e a un accentuato gusto per la composizione astratta.
L’effetto è dunque creativamente dirompente ed irripetibile, come lei stessa afferma:
“Parto dal presupposto che esista la stoffa bianca …essa è lì e resterà materia inerte fintanto che io non avrò il coraggio, mediante una violenza creativa, di volerla trasformare, non importa in che cosa come e con quale risultato. L’importante è che io mi esprima tramite essa, e se il risultato potrà procurare piacere, sia a me che ai fruitori visivi, sarà per me gratificazione. Se poi potrò comunicare agli altri la voglia di creare a loro volta altre cose che li appaghino avrò raggiunto un obiettivo in più”.
Tra i lavori in mostra, spiccano le “Grandi Tele” eseguite tra il 1999 e il 2002 su stoffe di cotone, trattato con tintura a macchie e stampato a più riprese mescolando motivi geometrici e figurativi, tecniche grafico- pittoriche e della decorazione del tessuto: di tutti questi passaggi restano, nel lavoro finale, frammenti che ricompongono una nuova unità.
Anche le opere appartenenti alle diverse serie delle “Stratificazioni” (2002-2005) sono eseguite per sovrapposizioni di motivi e grandi campiture di colore, da cui risultano segni che quasi escludono motivi figurativi, con interventi finali di fili metallici.
Gli ultimi lavori (2005-2006) sono perlopiù ottenuti cucendo assieme piccole strisce di tessuti vari, dal cotone alla seta, di diversi colori, su cui poi si effettuano applicazioni di colore e di bianco coprente, che cancella in parte i precedenti interventi e produce alla fine un intreccio di piccoli segni. Tra essi, gli affascinanti “Abiti da non indossare”.