Memoria autobiografica
Sono nata a Vienna durante la Seconda Guerra Mondiale. Mio padre era un dentista. A tre anni con la mia famiglia scappammo dall’area dell’Austria occupata dai russi. Mio padre e mia madre scapparono con me, mia sorella minore e mio fratello nell’area Aglo-americana dell’Austria. C’erano molte persone che fuggivano con noi: cecoslovacchi, ungheresi, polacchi e altri, tutti rifugiati.
Subito dopo il 1945 ritornammo in Austria per seguire mio padre che voleva aiutare i suoi compatrioti ma, fu ucciso in un incidente automobilistico. Da quel momento mia madre attraversò un periodo difficile prendendosi cura di tre bambini piccoli in un paese occupato dai russi.
Dopo la scuola elementare in campagna, frequentai il Liceo B.E.A. a Vienna e poi il Sacro Cuore a Bruxelles. Mi recai poi per due mesi a Venezia per imparare un po’ d’italiano per l’Accademia a Vienna. Dal momento in cui lasciai la Stazione Ferroviaria di Santa Lucia di Venezia, ero talmente affascinata dalla città lagunare che, mi resi conto non l’avrei mai più lasciata. (Questo è dovuto, forse, al fatto che io sia nata tra l’Acquario e i Pesci, il 20 febbraio).
Per anni, ogni volta che percorrevo il Canal Grande sentivo un brivido e mi veniva la pelle d’oca. Mi fu chiesto di ritornare in Austria ma, iniziai a dare lezioni di tedesco per rimanere all’Accademia di Belle Arti a Venezia invece che a Vienna. Fu un periodo magnifico! I primi mesi del mio soggiorno a Venezia risiedevo alla Pensione Cici, vicino alla Salute, dove incontrai, oltre ai giovanissimi artisti: Ezra Pound, Stravinsky, Martin Buber, Peggy Guggenheim, Fautrier, Kahnweiler, ecc.
Da quel momento iniziai a dipingere come una pazza (anche tre quadri al giorno) e iniziai ad essere, senza neanche rendermene conto, una sorta di mascot per gli artisti veneziani e stranieri. Da Peggy Guggenheim incontrai Ernst e Karin van Leyden, una coppia di pittori molto eleganti e gentili che abitavano a San Trovaso 1111. In autunno fecero ritorno alla loro casa in Francia e mi chiesero se potevo stare nella casa veneziana e badare al loro gatto ‘Scimmietta’. Così per un anno o due rimasi al 1111, con il suo delizioso giardino. I van Leyden venivano solo in luglio e agosto. Durante le loro visite io stavo con la famiglia del capo cuoco dell’Hotel Excelsior e il loro cane bavoso, un boxer di nome ‘Lauris’. Lo chef mi offriva delle cene luculliane perché portavo sempre con me il cane quando dipingevo. Allo stesso tempo, nessuno osava disturbarmi durante il mio lavoro all’aperto proprio grazie a ‘Lauris’.
Più tardi scoprii che Modigliani aveva vissuto al 1111 come ospite del pittore Fabio Mauronner e che durante il XVI secolo la casa era la ‘Scuola dei Filiteri’, la Scuola libera di nudo dell’epoca. All’Accademia di Belle Arti studiai con il Maestro Guido Cadorin, un grande pittore e un grande uomo. Ricordo un giorno di essere arrivata all’Accademia indossando forse il primo paio di blue jeans d Venezia. Fui subito chiamata dal Direttore, Giuseppe de Logu, che mi disse che avrei dovuto indossare una gonna o di non tornare mai più all’Accademia.
Ricordo gli anni Sessanta come il miglior periodo artistico di Venezia. Molti artisti vi risiedevano permanentemente e altri vi trascorrevano lunghe vacanze. Potevano permetterselo. C’era una colonia di pittori, scrittori, musicisti giovani e meno giovani. Tra questi: Alechinski, Frank Aimy, Karel Appel, Giuseppe Berto, John Cage, Gregory Corso, Giorgio de Chirico, Joan Fitzgerald, Alan Ginsberg, Hollesch, Hundertwasser, Yuko Ikewada, Yves Klein, Manina, Kurt Moldovan, Riccardo Manzi, P. M. Pasinetti, Philiph Roth, Tancredi, Wotruba, Ysbrandt van Wyngarden e molti altri. C’erano perfino due ristoranti, Montin e La Colomba, con un tavolo speciale riservato solo agli artisti.
Nel 1964 sposai Giorgio Manera, un uomo intelligente e affascinante, ma un avvocato infelice perché voleva diventare un grande scrittore. Dopo due anni nacque un figlio, Manfred. Nel 1964 organizzai il mio primo ‘ballo in maschera estivo’ nel giardino, durante la Biennale. In quel periodo dipingevo,soprattutto Venezia, usando colori ad olio con una speciale tecnica ‘mista’ e le mie opere sembravano un po’ Impressioniste. Un giorno dal pittore Timothy Hennessy incontrai un artista greco che dipingeva su vetro. Affascinata da questa tecnica iniziai i primi dipinti su vetro. Il vetro si rompe, così dopo un po’ decisi di dipingere su plexiglas, cosa che faccio tutt’ora.
Nel 1976 mi recai nel Ghana e nel Benin dove trovai delle bandiere magnifiche che erano state fatte per i capi tribù. Le bandiere mi piacquero molto e, al mio ritorno, iniziai a fare ‘textile paintings’ come faccio adesso. Ripensandoci, sono la conseguenza della mia grande passione di collezionare stoffe, iniziata già negli anni Sessanta.
Nel 1981 fondai con alcuni amici ‘I Blu’, un’associazione civica per salvare Venezia dal rumore, dall’acqua sporca, il cielo inquinato, il turismo distruttivo e via di seguito. Nonostante ‘I Blu’ fosse un’associazione a-politica e avesse avuto un grande successo fin dall’inizio, i veneziani si stancano facilmente e quando mio marito morì nel 1984 morì con lui anche ‘I Blu’.
Abito ancora al 1111 di San Trovaso con due cani, un gatto e, qualche volta Manfred.